Che cos’è l’architettura?
Chiedersi se, ora come ora, si potrebbe dire di saper rispondere a
questa domanda.
Dubbio lecito sia dello studente di architettura sia dell’architetto
affermato.
Curiosità per chiacchiere da bar dei non addetti ai lavori verso gli
addetti ai lavori, ma anche degli addetti ai lavori in situazioni come al bar.
La domanda ricorre frequente, così, in questo spazio virtuale, si
invitano tutti i naviganti del world wide web a scontrarsi con la realtà
architettonica presente, per espandere i campi di risposta al quesito.
La speranza è che questo scontro ponga agli architetti, ma soprattutto
ai giovani architetti, per non dire agli architetti futuri, il materiale
contemporaneo necessario a comprendere lo stato dell’arte, per far sì che anche
in futuro ci possa essere uno stato dell’arte.
L’obbiettivo dunque è l’alimentazione di una critica contemporanea, o
meglio di un ambiente contemporaneo autocritico che nel tempo sia in grado di
creare una realtà architettonica. Per non essere troppo ambigui, si intenda in
questo senso tutto ciò che riguarda l’architettura, dalle storie dell’architettura,
ai progetti di architettura, all’architettura delle città, agli architetti.
La dinamica voluta dell’operazione è semplice e quasi prevedibile,
visto che questo non è che l’ennesimo tentativo di analisi, antitesi e sintesi
che gli ennesimi “discendenti delle avanguardie” cercano di imporre alla realtà
del mondo in crisi perpetua.
I precedenti storici sono perciò, non troppo velatamente, futurismo,
surrealismo, dadaismo, espressionismo, postmodernismo, decostruttivismo…tutto
ciò che finisce con “ismo” e/o che abbia un manifesto.
I dubbi, anch’essi parte dei precedenti storici, si concentrano
soprattutto sul momento della sintesi che sembra non essere mai possibile perché,
come ha affermato Cacciari, traducendo barbaramente, la crisi è parte della
realtà stessa e dove non viene riconosciuta (quando si afferma di averla
superata o di volerla superare) la realtà viene meno.
Insomma l’impresa è disperata, non c’è idea o discorso che tenga troppo
a lungo davanti a tutto ciò.
Ma, c’è un “ma forse”.
D’altronde se ci si mette davanti a una superficie con un utensile in
mano e si inizia ad intaccarla senza alcun motivo apparente si potrà dire che “si
è fatto qualcosa”, e se anche dopo venisse a mancare il soggetto per cui l’azione
è stata possibile ci sarà sempre su quella superficie qualcosa .
Ora, allegoricamente, cosa potrebbe essere questa superficie non è
restrittivo al momento, perciò si potrebbe dire che ciò che è qua, presente,
nel blog, sarà qualcosa nella memoria o nel subconscio di qualcuno che lo vede,
oppure che dei risultati tangibili a cui questo ambiente autocritico potrebbe
portare (come la formazione di una comunità che sviluppa un progetto e lo porta
a realizzazione, o la produzione di opere artistiche, o la stampa di una
pubblicazione cartacea…) saranno ulteriori superfici su cui verranno fatti
altrettanti qualcosa nel futuro.
Perciò la partenza che vi proponiamo internauti è questo qualcosa:
“L’Architettura è un nano da giardino” , come dada nato da un suono
inarticolato pescato a caso, come un cadavre exquis surrealista che inizia dall’accostamento
dei significanti, come un movimento architettonico futurista, però con centomila
manifesti introduttivi scritti ognuno come un nuovo inizio che si susseguono
senza mai concludere veramente, come fa un pensiero postmoderno…ecc.
Mettiamo insieme il diavolo e l’acqua santa: l’Architettura con la “A”
maiuscola che le accademie insegnano conferendole quell’aura sacrale nel
momento in cui il professore giudica mediocremente il progetto dell’allievo e l’allievo,
futuro architetto, immagina a quale sommo prodotto sarebbe dovuto arrivare,
oppure, ancora, che gli scrittori di architettura citano per contrapporla a un
progetto realizzato da altri ma non gradito, per i più svariati motivi; e poi
il nano da giardino, l’oggetto seriale della cultura pop, l’oggetto kitsch, che
deve stare nel giardino, immerso nell’ambiente architettonico, a dare una
connotazione all’essenza dell’architettura, il vuoto, l'oggetto demonizzato, l'oggetto che non ci piace, ma che sta lì a nostro dispetto, come solo sanno fare alcuni orribili palazzoni delle nostre sterminate periferie, in cui però, nonostante tutto, viviamo.
E dunque aspergiamo l’acqua santa, l’Architettura con la “A” maiuscola,
e facciamo gli avvocati del diavolo, il povero nano da giardino, bandito
persino come elemento deturpatore del paesaggio (fatto realmente accaduto nella
costiera amalfitana…vd. articolo “Nanifesto retroattivo” ) ma che qualcuno avrà
pur messo anche se con lo spirito semplice di “fare qualcosa”.
Sperando di aver reso manifesti, ancora, parte dei motivi del “Nano”
(una domanda iniziale, una dinamica voluta, una prospettiva sperimentale sull’ingiustificazione
“fare qualcosa”) si invita chiunque abbia un qualcosa sommabile al qualcosa di
base “l’Architettura è un nano da giardino”, a farlo.
P.S. il blog è aperto a condividere articoli, idee varie ecc. esiste
una pagina fb sulla quale si possono
postare in bacheca liberamente e sulla quale si possono proporre pubblicazioni
sul blog:
quindi dite la vostra. stay tuned. consciously.



